Bernini alla Galleria Borghese

Gian Lorenzo Bernini nasce a Napoli nel 1598, suo padre Pietro è un celebre scultore fiorentino attivo alla Certosa San Martino al servizio del viceré.

Nel 1605 la famiglia si trasferisce nella capitale dove il Papa Paolo V stava dando grande impulso alle arti. A Roma Gian Lorenzo, sebbene ancora bambino, ha l’opportunità di osservare il lavoro dei grandi artisti del Seicento e cresce collaborando con il padre, grande maestro di scultura.

Il suo talento colpisce il Cardinal Maffeo Barberini, appassionato d’arte e collezionista, che gli commissiona alcuni lavori tra il 1617 e il 1619; nel frattempo un altro cardinale, Scipione Caffarelli-Borghese (1577-1633), nipote prediletto di Paolo V, più potente e spregiudicato del Barberini, intuisce la grande potenzialità del giovanissimo Bernini e lo incarica di realizzare un gruppo scultoreo di grandi dimensioni (altezza 220 cm) destinato all’arredo della sua villa, l’opera dovrà narrare l’episodio dell’Eneide in cui Enea fugge da Troia con il padre paralizzato sulle spalle e il figlio Ascanio.

Enea, Anchise e Ascanio in fuga da Troia (1618-1619) risente ancora un po’ dell’influenza di Pietro, ma Gian Lorenzo dimostra una sua perfetta conoscenza del corpo umano e una grande capacità nel rappresentare l’espressione dei volti; in una sola opera possiamo distinguere chiaramente tre tipologie di corpi che corrispondono alle età dei protagonisti: la figura morbida e rotonda di Ascanio, ancora bambino, e quella di Enea, pieno di vigore, si contrappongono ad un Anchise fragile e rugoso, segnato dal tempo e dalla fatica.

Quando l’opera fu sistemata in una sala al pianterreno della villa (oggi Galleria Borghese), il Cardinal Scipione ne fu talmente entusiasta che ne volle un’altra, questa volta il mito dovrà essere quello del rapimento di Proserpina, figlia della dea dell’agricoltura Cerere, ad opera di Plutone, dio degli Inferi, innamoratosi di lei (Sala del Gladiatore).

Il Ratto di Proserpina (1621-1622) racconta il momento culminante della storia: Plutone afferra Proserpina per condurla negli Inferi e farla sua sposa, lei cerca di respingerlo, chiede aiuto al cielo e le scendono lacrime di disperazione mentre, ai loro piedi, abbaia il cane Cerbero, guardiano infernale. Osservando le mani di Plutone che affondano nel fianco e nella coscia della giovane, ci rendiamo conto della maestria del Bernini che è riuscito a trasformare sapientemente il marmo in carne o, come dicono spesso le critiche, in gommapiuma.

L’artista riesce a ritrarre in una sola posa istanti diversi. Cambiando prospettiva ci viene raccontato come dapprima Plutone rincorre la fanciulla, in un secondo momento l’afferra e infine la stringe saldamente mentre ella si dimena.

Scipione Borghese donò la scultura (altezza 255 cm) al Cardinal Ludovisi per la sua villa, ma nel 1908 lo Stato Italiano la acquistò e la riportò alla Galleria Borghese (Galleria degli Imperatori).

Tra il 1623 e il 1624, il Cardinal Borghese riesce ad avere, ancora un volta, un Bernini da aggiungere alla sua collezione, è il David (altezza 170 cm). Come nella tradizione degli artisti, anche il venticinquenne Gian Lorenzo decide di prestare il suo volto al giovane eroe ebreo e anche qui, come nel Ratto di Proserpina, presenta l’azione nel momento di massima tensione. David depone ai piedi la cetra e l’ingombrante armatura, la fionda è già pronta, il viso è contratto in una smorfia di concentrazione, lo sforzo fisico e psicologico è evidente in tutta la figura, lo spettatore ha la netta sensazione che la statua si muova (Sala del Sole).

Apollo e Dafne (1622-1625), ultimo dei quattro gruppi scultorei della collezione borghesiana (altezza 243 cm), viene realizzato in contemporanea con il David per sostituire il Ratto di Proserpina donato al Cardinal Ludovisi. Il mito è quello che vede Apollo pazzo d’amore per la ninfa Dafne vincolata al voto di castità; la scena, come sempre, coglie l’attimo più drammatico dell’intera azione: Apollo sta per fermare Dafne, ma lei al solo contatto con il bellissimo dio si trasforma in albero di alloro nell’estremo tentativo di proteggere la sua verginità. La metamorfosi è istantanea, i piedi ora sono radici, le braccia diventano rami e i capelli si allungano fondendosi con foglie e fronde. Il dramma che si compie sotto gli occhi dello spettatore è un capolavoro assoluto di scultura di tutti i tempi (Sala dell’Apollo e Dafne).

Riteniamo sia doveroso però citare anche altre opere del Bernini presenti in questo museo: nella Sala del Gladiatore, La Verità è un’enorme allegoria scultorea (altezza 280 cm) realizzata per la famiglia tra il 1646 e il 1652 ma mai portata a termine e donata alla Galleria Borghese dagli eredi del Bernini nel 1924.

Al Piano superiore, nella Sala 14 detta Loggia Lanfranco sono conservati i due Busti del Cardinal Scipione Borghese, il Busto di Paolo V Borghese e tre opere pittoriche: Ritratto di fanciullo, Autoritratto giovanile e Autoritratto in età matura eseguito tra il 1638 e il 1640 quando l’artista aveva quarantadue anni.

Gian Lorenzo Bernini muore a Roma il 28 novembre 1680, è sepolto nella tomba di famiglia nella Basilica di Santa Maria Maggiore.

Testo e foto di Orsetta Berni e Margherita Loffredi

Museo e Galleria Borghese

Piazzale del Museo Borghese, 5

www.galleriaborghese.it

Orari

Orario di apertura (con accesso ogni due ore a partire dalle 8.30)
Da martedì a domenica, dalle ore 8.30 alle 19.30 (prenotazione obbligatoria anche online)
Chiuso il lunedì, 25 dicembre e 1 gennaio
Turni di visita di 2 ore per massimo 360 persone (uscita obbligatoria a fine turno)
Ingresso gratuito la prima domenica di ogni mese (prenotazione obbligatoria anche online)

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