I Macchiaioli
l’avventura dell’arte moderna

  • Vincenzo Cabianca, Acquaiole della Spezia, 1864. Olio su tela, 60x127 cm, Collezione privata. Courtesy Butterfly Institute Fine Art, Galleria d’arte, Lugano
  • Odoardo Borrani, Antica porta a Pinti, 1880 ca. Olio su tela, 100x70 cm, Collezione privata
  • Silvestro Lega, Il primo dolore, 1863 ca. Olio su tela, 50x39,5 cm, Palazzo Doria Spinola, Genova
  • Telemaco Signorini, Sulle scale a Piancastagnaio, 1892-94. Olio su cartone, 35x44 cm. Museoarchives Giovanni Boldini Macchiaioli, Pistoia
  • Giovanni Fattori, In perlustrazione, 1880-90. Acquarello su carta, cm 30x23. Museoarchives Giovanni Boldini Macchiaioli, Pistoia
  • Silvestro Lega, Ponte sull’Africo a Piagentina, 1865-66. Olio su cartone riportato su tela, 20x27,50 cm. Museoarchives Giovanni Boldini Macchiaioli, Pistoia
  • Arturo Faldi, La vendemmiatrice, 1882-85. Olio su tela, 50x35 cm. Museoarchives Giovanni Boldini Macchiaioli, Pistoia
  • Luigi Gioli, Manovre militari, 1915-20. Olio su tela, 71x131,5 cm. Museoarchives Giovanni Boldini Macchiaioli, Pistoia
  • Odoardo Borrani, Il pescatore sull'Arno alla Casaccia, 1871. Olio su tela, 96x68,5 cm. Collezione Palazzo Foresti - Carpi (MO)
  • Giovanni Fattori, Mandrie Maremmane, 1893. Olio su tela, 200x300 cm. Museo civico Giovanni Fattori, Livorno
  • Telemaco Signorini, Una via di Ravenna, 1876. Olio su tela, 47x75 cm. Museoarchives Giovanni Boldini, Macchiaioli, Pistoia
  • Cristiano Banti, Contadine toscane, 1865 ca. Olio su tavola, 18x11 cm. Collezione privata
  • Giovanni Fattori, Artiglieria in marcia, 1880-1881. Olio su tela, 41x69,5 cm. Collezione privata
  • Luigi Bechi, Bambino al sole, 1875 ca. Olio su tavola, 35x45 cm. Collezione privata. Courtesy Butterfly Institute Fine Art, Galleria d’arte, Lugano
  • Giovanni Fattori, Bivacco, 1873-74. Olio su tavola, 24x37 cm. Museo Revoltella-Galleria d'Arte Moderna, Trieste
  • Giuseppe De Nittis, Bambino al sole, 1869. Olio su tavola, 19x16 cm. Collezione privata, Courtesy Butterfly Institute Fine Art, Galleria d’arte, Lugano
  • Telemaco Signorini, L’Ardenza (Albereta ad Antignano), 1859-1861. Olio su tela, 40,5x64 cm. Collezione privata

 

Col nome “Macchiaioli” viene definito il più importante gruppo di artisti italiani dell’Ottocento.

Spiriti indipendenti e ribelli che abbandonano le scene storiche e mitologiche del Neoclassicismo e del Romanticismo per aprirsi a una pittura realista e immediata, dipingendo per l’appunto “a macchie” dense e colorate la vita quotidiana, con pennellate che rendono con immediatezza più veritieri i soggetti, nel tentativo di riprodurre la realtà.
Attivi dagli anni ’50 e ’60, i Macchiaioli – i cui capostipiti sono Telemaco Signorini, Giovanni Fattori e Silvestro Lega – si ritrovavano al Caffè Michelangelo di Firenze per discutere e confrontarsi sulla pittura “moderna”, mostrano in pubblico le loro opere per la prima volta all’Esposizione Nazionale del 1861, ricevendo critiche sprezzanti (“macchiaioli” è il termine dispregiativo con cui vengono definiti nel 1862 dal giornale conservatore e cattolico “Nuova Europa”). Come tutti gli artisti che segnano un cambiamento, non vengono compresi subito, ma nella seconda metà del Novecento vengono rivalutatati e oggi sono considerati i precursori dell’Impressionismo, nato oltre quindici anni dopo, occupando un posto sempre più importante nella storia dell’arte europea.
I principali protagonisti del movimento furono, oltre i citati Signorini, Fattori e Lega, anche Giuseppe Abbati,Cristiano Banti, Odoardo Borrani, Vincenzo Cabianca, Vito d’Ancona, Giovanni Boldini nonché la generazione degli artisti immediatamente successiva che, insieme ai padri fondatori del movimento, dette vita alla corrente del Naturalismo toscano.
Attraverso oltre 80 opere significative del movimento, rappresentando gli anni della macchia e quelli successivi del Naturalismo, la mostra  racconta l’intera esperienza artistica dei Macchiaioli, a partire dal 1855 fino agli albori del nuovo secolo.
Curata da Tiziano Panconi, in collaborazione con il Museoarchives Giovanni Boldini Macchiaioli di Pistoia, la mostra è un’importante occasione per riscoprire i capolavori dell’arte dell’Ottocento italiano, fra dipinti celebri e opere meno note, provenienti dalle più prestigiose collezioni private italiane ed europee.
Dipinti dai contenuti innovativi per l’epoca che vertono sulla potenza espressiva della luce e che rappresentano la punta di diamante di ricchissime raccolte di grandi mecenati di quel tempo, personaggi di straordinario interesse, accomunati dalla passione per la pittura, imprenditori e uomini d’affari innamorati della bellezza, senza i quali oggi non avremmo potuto riscoprire questi capolavori.
Si potranno ammirare, fra le tante, opere quali Bambino a Riomaggiore (1894-95) e Solferino (1859) di Telemaco Signorini, Mamma con bambino (1866-67) di Silvestro Lega, Fanteria
italiana e Tramonto in Maremma (1900-05) di Giovanni Fattori e Bambino al sole (1869) di Giuseppe De Nittis accanto a Signore al pianoforte (1869) di Giovanni Boldini.
La mostra, promossa e organizzata dal Comune di Trieste – Assessorato alle politiche della cultura e del turismo, con il supporto di Trieste Convention and Visitors Bureau e PromoTurismo FVG, in collaborazione con il Museoarchives Giovanni Boldini Macchiaioli di Pistoia, è prodotta da Arthemisia ed è curata da Tiziano Panconi.

Il movimento dei Macchiaioli

Formatosi a Firenze, a partire dal 1855-‘56, il gruppo dei Macchiaioli nacque quale reazione all’inerzia delle accademie e ai fermenti ideologici del Risorgimento. Il movimento macchiaiolo affermava la teoria della “macchia’’ sostenendo che la visione delle forme solide è determinata dalla proiezione della luce su di esse che crea zone d’ombra e zone di chiarore, costruendo così, visivamente, le volumetrie.
Macchie di colore, distinte, accostate o sovrapposte ad altre macchie di colore, erano gli elementi costitutivi di piccoli quadretti di estrema sintesi, nei quali erano tracciate puntualmente le forme e i profili sebbene espoliati di ogni particolare descrittivo che non fosse ritenuto essenziale alle funzioni strettamente espressive.
L’artista, sovvertendo i rigidi dettami accademici a cui si rifaceva tutta la pittura dell’epoca, si dichiarava libero di rendere con immediatezza verista ciò che il suo occhio percepiva nel presente, così come concettualizzarono i teorici e critici del gruppo Telemaco Signorini, Diego Martelli e Adriano Cecioni.
I pittori dell’avanguardia ottocentesca – dapprima riunitisi nelle sale del Caffè Michelangelo di Firenze e poi in luoghi emblematici come Castiglioncello o La Spezia – fra la metà degli anni ’50 e ’60 riformarono il lessico espressivo imperante, coniando una rivoluzionaria sintesi formale e luministica, guadagnandosi per ciò l’appellativo (dispregiativo) di “macchiaioli”.
Nei decenni successivi ebbe luogo un’ulteriore, lenta e profonda trasformazione di tale linguaggio, modificando i principi e i riferimenti culturali autoctoni che avevano animato l’iniziale riforma: come nel resto d’Europa sbocciò anche in Toscana un peculiare filone naturalista, le cui metriche compositive si rifacevano a differenti prerogative filosofiche e stilistiche, attraverso le quali veniva recuperata la vena narrativa e descrittivista.
La gran parte degli artisti attivi in Toscana fra il 1875 e il 1885, aderirono a queste nuove ricerche, non più esasperate dai violenti contrasti luminosi né dalle abbreviazioni formali neo quattrocentesche della prima ora, confrontandosi con le novità prodotte in ambito europeo dal Realismo e dall’Impressionismo.
Nel processo di evoluzione sociale che accompagnò la collettività ottocentesca, l’arte, svincolatosi dagli obblighi delle committenze nobiliari o regie, assunse l’onere di rappresentare la realtà così come si presentava agli occhi dell’artista, chiamato dal comune senso civico risorgimentale e dall’amor patrio a fotografare la vita delle classi più disagiate, sovente impegnate nel duro lavoro dei campi o in quelli più umili nelle città.
Il linguaggio pittorico regionale e nazionale si aprì alle suggestioni internazionali, rinnovandosi eppur mantenendo piena coscienza delle sue radici, ben affondate nella cultura artistica antica e rinascimentale.

Nella seconda metà del secolo, l’artista guardava al futuro confrontandosi con il passato e con i tempi lenti dello scorrere della vita della civiltà contadina e della provincia. Tali ambiti sociali divennero soggetto di composizioni con forti richiami scultorei, caratteristici del procedere pittorico dei Macchiaioli che si mostrano “ad una rassegna organizzata”, geniali interpreti del passaggio: li distingue la tecnica del tutto nuova e sperimentale della “Macchia”. Un linguaggio che, nonostante l’estrema sintesi formale, non riduce la puntualità della silhouette e del disegno.

“lo, per conto mio – scriveva Fattori – tolto di sapere scrivere un pochino, ero perfettamente ignorante e – soggiungeva argutamente – mi sono grazie a Dio conservato […] solo l’arte stavami addosso senza saperlo, né ancora lo so”.

I Macchiaioli quindi quali interpreti identitari del gusto e delle filosofie positiviste di un’epoca, con i suoi diversi e contrapposti stili di vita: uno sobrio e riflessivo, legato ai valori, anche moralistici risorgimentali, delle piccole provincie italiane e l’altro vissuto all’insegna nella fiducia incondizionata e nella speranza nel progresso.

Elenco degli autori: Giuseppe Abbati, Cristiano Banti, Stefano Bruzzi, Giovanni Boldini, Luigi Bechi, Odoardo Borrani, Vincenzo Cabianca, Adriano Cecioni, Eugenio Cecconi, Nino Costa, Vito D’Ancona, Giuseppe De Nittis, Arturo Faldi, Giovanni Fattori, Ruggero Focardi, Luigi Gioli, Silvestro Lega, Giuseppe Magni, Ugo Manaresi, Ruggero Panerai, Antonio Puccinelli, Raffaello Sernesi, Filadelfo Simi, Telemaco Signorini, Raffaello Sorbi, Ludovico Tommasi, Angiolo Tommasi.

I Macchiaioli, artisti rivoluzionari

Il fallimento dei moti rivoluzionari del 1831 dette luogo a un’accesa e interminabile discussione sociale e politica sulle strategie sino a quel momento adottate per realizzare l’indipendenza e l’Unità d’Italia, generando un diffuso senso di frustrazione e un prepotente desiderio di rivalsa nella nuova generazione di artisti toscani, che ancor prima di impugnare le armi cominciarono la loro personale rivoluzione con l’arte, ritrovandosi, dal 1855-56, nelle sale del Caffè Michelangiolo di Firenze.

I termini soprattutto artistici di tale atteggiamento fortemente polemico furono avvertiti dai critici coevi, le cui parole tuonarono talvolta implacabili nelle recensioni alle mostre promotrici di Firenze, capitale artistica dei piccoli staterelli italici prima e dell’Italia poi.

La prima grande polemica pubblica ebbe luogo quando, il 23 maggio 1857, il direttore della Promotrice fiorentina, Augusto Casamorata, comunicò a Telemaco Signorini la mancata accettazione da parte della Commissione Artistica della Società Promotrice dei due dipinti Casa Goldoni e Ponte delle Pazienze a Venezia, accusati di accentuazioni chiaroscurali eccessive, rigettando di fatto i tipi stilistici peculiari della ‘macchia’ e accendendo un dibattito critico destinato a suscitare una eco nazionale, poi fondamento della fortuna critica riscossa dai Macchiaioli sino a oggi.

Nel 1861, Abbati, Altamura, Bechi e D’Ancona, insieme ad altri, contestarono pubblicamente il Giurì dell’Esposizione Nazionale di Firenze, rifiutando la prestigiosissima medaglia d’oro conferita a Vito D’Ancona, disconoscendo la professionalità dell’organo giudicante, considerato retrogrado e inadeguato al ruolo.

Questi pittori ‘belligeranti’, cui nel 1862 fu assegnato il nomignolo di Macchiaioli da un anonimo redattore della “Gazzetta del Popolo”, davano conto del tenore dei loro bollenti spiriti reazionari, alzando il tono della discussione e infiammando il clima di torpore intellettuale della Toscana granducale, anche attraverso gesta eclatanti come questa, che sensibilizzarono e stimolarono il dibattito critico.

La loro congenita inclinazione a preferire alla rarefazione dell’immagine la tenuta formale del disegno, la piena assimilazione del costruttivismo luministico macchiaiolo, composto sull’assioma luce-ombra, la convergenza, in Toscana, di soggettività tanto diverse fra loro, provenienti da ogni parte d’Italia, i viaggi d’erudizione compiuti da Parigi a Firenze e viceversa, portarono poi, dalla prima metà degli anni Sessanta alla precoce messa in opera di un linguaggio verista che evolse, man mano fino alla fine del secolo, in senso naturalista.

 

I Macchiaioli. L’avventura dell’arte moderna

Museo Revoltella
Via Diaz, 27
34123 - Trieste

19 novembre 2022 -10 aprile 2023

Mostra promossa e organizzata da
Comune di Trieste
Assessorato alle politiche della cultura e del turismo
Museo Revoltella
Arthemisia

Biglietti
Intero € 16,00 audioguida inclusa
Ridotto € 14,00 audioguida inclusa
65 anni compiuti (con documento);
ragazzi da 12 a 18 anni (non compiuti)